Il dispositivo etnopsichiatrico, operativo per tutte le attività del Centro Mamre, dialoga costantemente con tutto ciò che può e deve portare informazione e conoscenza del bagaglio culturale, ordito e trama della vita, di molte persone nate e cresciute in mondi diversi da quello occidentale.
Per questo, fin dalla nascita di Mamre, si è sentita la necessità di partecipare, ad esempio, a teatri di guerra nel Kosovo, per capire il dramma di chi vuole allontanarsi da luoghi di dolore e morte.
Relativamente ai problemi di salute mentale, e al modo di affrontarli in "luoghi altri", un reportage fotografico in Uganda ne illustra le dinamiche; nello stesso luogo sono state studiate le caratteristiche dell'insegnamento mentre in Nigeria si è affrontato lo studio pertinente la forza del voodoo. La partecipazione a missioni di analisi ed osservazione, in Mali e Perù equatoriale, offre sguardi di comprensione alla complessa relazione tra malattia e cura.
Alla ricerca etnografica di base si aggiunge l’esperienza importante attinente gli approdi dei rifugiati, in particolare a Porto Palo e Lampedusa, dove si sono viste significative tracce delle migrazioni e del sistema del rifugio e della protezione internazionale.
Costituire un anello di congiunzione del complesso viaggio dei migranti, dai diversi luoghi di partenza a quelli di approdo sulle coste italiane, è stato il lavoro di documentazione, attraverso la raccolta di dati e l’acquisizione di testimonianze, svolto sulla nave di salvataggio SOS Mediterranee – Aquarius.
Lo studio di testi etnografici e letterari, pertinenti i temi della cura, della formazione e dell'educazione, fa da corollario alle esperienze sul campo ed offre agli operatori i riferimenti necessari per un lavoro efficace.